domenica, dicembre 30, 2007

Giorni parte I

Forse la vita sta cercando di dirti qualcosa, Cantini.
Diciamo che stamani, quando mi sono svegliato, non avevo la benché minima idea di tutto quello che sarebbe successo.
Sveglia tardi, al solito, bocca impastata di fumo e di vino. Ma non è la sveglia che suona, è il telefono.
Cavolo, anche ieri l’ho lasciato acceso. Sempre meglio spegnerlo, così la gente pensa che tu sia impegnato o che abbia serie ragioni per non rispondere. Non che ti manchi il coraggio.
Il numero purtroppo lo conosco.
“Si, faccio io tra la veglia e la notte, chi è”.
Idiota, lo sai benissimo chi è.
“Ciao, sono io. Ti ho per caso svegliato?”
“No, no, mi ero appisolato (alle undici e mezza di mattina), ciao, qual buon vento, che mi dici, tutto bene?”
Non articolavo che ovvietà e anche di cattivo gusto. Merita però spendere due parole per quell’io che mi aveva tolto al sonno.
Si chiamava Eva. Avevamo studiato insieme, poi Lei appena finito se ne era andata all’estero, sperando in qualche opportunità in più, ma poi era finita a scrivere per un giornale musicale di argomenti che non conosceva e che credo neanche le importassero.

Era una violinista e suonava da Dio…
“Era già un po’ che ti volevo chiamare, avevo anche provato ma il tuo telefono era sempre staccato”(che vi dicevo, funziona sempre…)”come te la passi?”
Bene, dico io mentendo, le racconto un po’ di palle su qualche ingaggio, qualche bella soddisfazione, qualche sogno che so benissimo non si realizzerà mai.
“Senti, io ti volevo parlare di una cosa.”Aveva cambiato voce.
Cavolo, questa ha intenzioni serie. Che faccio riattacco, con la vecchia scusa del caffé sul fuoco? Non mi pare il caso.
Però forse sono necessarie alcune spiegazioni in più. Ci eravamo conosciuti si a scuola, e devo dire che io me ne ero innamorato subito.
Avevamo passato molto tempo insieme, passeggiate, concerti, caffé e risate. Sarebbe stata una cosa perfetta, se non fosse che lei era già fidanzata. Non conoscevo il suo ragazzo, se non fino alla sera in cui, dopo una cena che le avevo offerto in una vecchia osteria poco fuori centro, mi disse “Il caffé lo prendiamo al bar dove lavora il mio ragazzo, ti va?”.
Lo sgomento provato in quel momento credo sia stato paragonabile a quello di un bambino quando gli dicono che Babbo Natale è lo zio Pino con una barba bianca ed un vestito rosso. E tu capisci come mai anche lui puzzi di dopobarba economico, proprio come lo zio, appunto.
Ma ormai ero lì, e le dissi di si, altrimenti tutto il mio castello di buone intenzioni con lei sarebbe crollato e forse avrebbe pensato che tutto quello che avevo fatto era solo per uno scopo meramente sessuale o simile.

Ovvio.

Comunque, dopo l’episodio del caffé presi il coraggio a due mani ed il giorno dopo le dissi tutto, e la misi davanti all’unica scelta che avrebbe potuto fare: o lui o me.
Chiaramente scelse lui, anche se credo non lo amasse veramente, ma stavano insieme da tanto tempo…
Io le donne proprio non le capisco a volte. Non vi piace l’avventura? Non vi piace il rischio? Io avrei potuto essere tutto questo per te, baby. Avrei potuto coprirti di baci e poesie.
“Abbiamo un rapporto troppo bello perché dello stupido sesso possa rovinarlo”.
Niente, parlare con una staccionata darebbe risultati migliori.
Da quell’episodio poi non ci eravamo più visti, se non un anno dopo. Eravamo stati da dio, avevamo preso una cioccolata nel bar di una libreria in centro e poi ci eravamo salutati sul marciapiede, io dovevo andare a destra, lei a sinistra. Non la baciai. Avrei voluto farlo. Lo scrissi poi in una lettera qualche tempo dopo, dicendole anche quanto la amavo e gliela spedii.

Ed ora eravamo alla resa dei conti.
“Sai, ci ho pensato molto a quella giornata. Quella della cioccolata. Ed ho anche pensato molto alla tua lettera.”
Sei fritto Cantini, da qui non ne esci vivo.
“Io non sono la bella persona che tu credi. Anche se pensi che ora sia la tua unica anima gemella, io non sono così. Io mi vorrei diversa ogni mattina. Cantini, io volevo suonare al Metropolitan, ed adesso scrivo di ragazzetti adolescenti con le smanie da rockstar. Vivo male..”
Effettivamente anche lei non era messa bene. Intanto arrancavo in cerca della sigaretta che ieri avevo nascosto nei pantaloni.
“Vedi ci ho pensato e credo sia giusto che tu adesso ti liberi di me, della mia idea, del mio giogo. Vorrei che tu trovassi un’altra persona, una speciale, che ti faccia innamorare e che ti tolga me dalla testa.”
Non credere di essere così importante cocca…anche se tutte le sere al pub vedo decine di ragazze e nessuna ha nemmeno l’idea della bellezza, del fascino e dell’intelligenza tua, non vuol dire che tu abbia preso il mio cuore e te lo sia messo nel taschino del tailleur. O forse si?
“Ti ricordi quando ci siamo salutati la prima volta, mi dicesti che io e te eravamo come due impronte sulla sabbia, e che un’onda ci avrebbe potuto spazzare via. Io credo, anzi spero che quest’onda arrivi al più presto e che tu trovi un’altra persona che ti faccia innamorare. Cantini, io devo andare dall’altro lato del marciapiede e tu proseguire per la tua strada.”
Non ricordo bene cosa ho pensato, e se lo ricordassi probabilmente non starei a scriverlo qui, ricordo solo che balbettai qualcosa, piagnucolai un po’ e poi la salutai dandole ragione.
Aveva vinto, aveva dato il suo colpo di grazia. Un maestro, ed ai maestri ci si inchina e si ascolta tutto quello che hanno da dire.
Non ero così turbato. Sapevo che probabilmente quella era l’ultima volta che l’avrei sentita, e che forse avrei perso anche il suo ricordo un giorno.

Ma quello era solo l’inizio di una pessima giornata…